LA NEWSLETTER di Maggio 2006

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UN PONTE

SPECCHIO DEI MIEI NEURONI….

 Si chiamano proprio “neuroni specchio”: si attivano quando compiamo un’azione, ma anche quando la vediamo compiere. Grazie ad essi riusciamo a metterci nei panni degli altri. Come si conviene a un avvenimento che ha provocato una svolta, “la storia di come abbiamo scoperto i neuroni specchio è diventata quasi un racconto mitico” scherza Giacomo Rizzolatti, neuroscienziato e professore di fisiologia a Parma, il cui nome risuona nei congressi internazionali, ma che è rimasto sorprendentemente nascosto al grande pubblico in Italia. All’inizio degli anni ’90 Rizzolati, il cui laboratorio attira oggi studenti da tutto il mondo, svolgeva ricerche assieme a giovani scienziati su come funzionano nelle scimmie i neuroni che controllano i movimenti delle mani. I macachi imparavano a fissare una lucina su uno schermo, aprivano una scatola di cibo che poi afferravano e mangiavano. Intanto veniva registrata l’attività dei singoli neuroni della corteccia motoria accesi durante i movimenti.

Un giorno, per caso, uno dei collaboratori di Rizzolati che stava mangiando un gelato, o forse un altro che prendeva un pezzetto di banana destinato alla scimmia (il ricordo preciso si è perso a forza di raccontarlo), si accorse che gli elettrodi si attivavano anche se la scimmia era immobile. Dopo l’incredulità iniziale venne la conferma che era davvero così: quei neuroni motori di cui stavano registrando l’attività scaricavano, come si dice in gergo, non solo quando era la scimmia a compiere il gesto di portarsi il cibo alla bocca, ma anche quando l’animale guardava altri eseguire la stessa azione. Queste cellule cerebrali che sembravano riflettere i gesti altrui presero il nome di neuroni specchio.

Da allora, molti altri esperimenti hanno mostrato che sistemi analoghi di neuroni esistono nell’uomo, nella corteccia motoria e in altre parti del cervello; e che sono probabilmente alla base della nostra capacità di intuire pensieri e comportamenti altrui, di imparare, imitare azioni e condividere emozioni. La scoperta di Rizzolati sta profondamente modificando l’idea del funzionamento del cervello e della mente, come pure provocando ricadute in numerose altre discipline: psicologia, antropologia, filosofia, teorie sull’origine del linguaggio e sull’autismo.

In un libro scritto a quattro mani con Corrado Sinigaglia, docente di filosofia della scienza dell’Università di Milano, Rizzolati racconta la storia dei neuroni specchio e la rivoluzione che le sue scoperte hanno portato in altre discipline.

Che cosa c’è di tanto sorprendente nel fatto che alcuni neuroni rispecchiano le azioni degli altri, ha chiesto Panorama a Rizzolati e Sinigaglia, incontrati appena prima dell’uscita di So quel che fai – Il cervello che agisce e i neuroni specchio (Cortina). “Siamo abituati a pensare al cervello come a una specie di calcolatore che elabora gli stimoli provenienti dai sensi e li traduce in comandi per i muscoli. I neuroni specchio, invece, ci dicono che il nostro cervello è un cervello che rivive le azioni degli altri  e così, automaticamente, è in grado di capire i gesti e di afferrarne le intenzioni” risponde Rizzolati. “Mettersi nei panni degli altri, insomma, dal punto di vista dell’attività cerebrale non è solo un modo di dire”. “ Non sapremmo mai che cosa gli altri stanno davvero facendo se non rivivessimo, in senso motorio, le loro azi0oni nel nostro cervello”, aggiunge Senigaglia. 

E pare che sia letteralmente così. Nel cervello di un ballerino classico, come hanno poi mostrato esperimenti condotti dai ricercatori sull’onda della scoperta di Rizzolati, la vista di un altro danzatore che si muove sulle punte attiva i neuroni specchio in modo molto più marcato che in una persona che  non sa ballare, o in chi è esperto di balli moderni ma non di danza classica. Ed è comune a tutti l’esperienza di puntare il piede guardando un atleta che sta per saltare, come se fossimo noi stessi a spiccare il salto.. 

Ma non è solo questione di movimenti e azioni. “Anche le capacità più alte e nobili, come ragionare e formare concetti rimarrebbero misteriose e incomprensibili se i neuroni specchio non ci permettessero di afferrare immediatamente,  senza alcun ragionamento, quello che gli altri fanno e intendono, replicandolo nel nostro cervello” afferma Sinigaglia. Una concezione che i neuroscienziati stessi faticano ancora ad accettare, anche se Vilayanur Ramachandra, uno tra i più famosi neuropsicologi, ha dichiarato che i “neuroni specchio rappresenteranno un giorno per la psicologia ciò che il dna ha rappresentato per la biologia”. 

Se riconosciamo le azioni altrui rivivendole nel nostro cervello, lo stesso, come hanno mostrato vari esperimenti, si può dire per le emozioni, che fanno attivare i neutroni specchio dell’insula, una parte molta antica e misteriosa del cervello. Una reazione emotiva di dolore o di disgusto risuona dentro di noi come se la stessimo provando in prima persona. E questo è stato probabilmente uno strumento prezioso nel corso della nostra evoluzione. “E’ come disporre di un sistema di monitoraggio dell’ambiente multiplo: la percezione del disgusto di un altro ci mette sull’avviso. Difficilmente assaggeremo il cibo che l’ha provocato” dice Sinigaglia. 

Emozioni provate da tutti, come la commozione che prende allo stomaco nel vedere un’altra persona che piange, assumono tutta un’altra luce. “Vedo un bambino piangere  ed è come se piangessi anch’io” osserva Rizzolati. C’è però un dato sperimentale curioso e da approfondire, secondo lui: “Mentre siamo profondamente simpatetici verso le emozioni negative, come il dolore, il disgusto, l’imbarazzo, sembra che lo siamo assai meno per la gioia degli altri”. Siamo insomma più vicini a qualcuno che soffre che a chi gioisce. Sul perché siamo fatti proprio così si potrebbe elucubrare a lungo.

Neuroni specchio difettosi, secondo alcuni studiosi, potrebbero essere all’origine dell’autismo. Un esperimento recente di ricercatori all’Università della California a Los Angeles ha mostrato che nei bambini autistici, al contrario che in quelli normali, l’immagine di facce tristi, sorridenti o impaurite non scatena l’accensione dei neuroni specchio. Gli autistici sembrerebbero incapaci di leggere la mente degli altri non potendo replicarne i gesti e le emozioni. “Si capirebbe allora anche perché il mondo fa loro una paura estrema: tutto diventa imprevedibile” dice Rizzolati.

I Neuroni specchio potrebbero avere il ruolo nel linguaggio, nell’imitazione, nell’apprendimento dei bambini e in moltissimi altri campi dell’esperienza umana, come diversi studi stanno cominciando a mostrare. Più di tutto, però, cambia il modo in cui ci fanno guardare a noi stessi e agli altri. “ La neurologia, a questo punto, ci dice che non siamo egoisti perfetti, come un liberalismo male interpretato pretenderebbe, ma siamo per definizione altruisti, immediatamente accomunati agli altri nelle azioni e nelle emozioni” afferma Rizzolati. L’inganno, le bugie, l’errore vengono dopo. In origine, conclude Sinigaglia, “ non è neppure possibile concepire un io senza un noi”.

 Chiara Palmerini
Panorama del  2/3/2006

 

Rizzolati, Sinigaglia - So quel che fai - Il cervello che agisce e i neuroni specchio - Edizioni Cortina

 

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